lunedì 4 giugno 2018

Domande Frequenti



1 - Che cosa è il veganismo?

Il veganismo è essenzialmente un principio morale specifico che si riassume nel rifiutare l'utilizzo degli altri animali – vale a dire degli animali non umani. Non utilizzarli quindi per nessuna ragione ed in nessun modo.

Nella pratica il veganismo si traduce nello smettere di partecipare allo sfruttamento animale. Per esempio: non utilizzare prodotti di origine animale nella propria alimentazione, nel proprio abbigliamento, per l'igiene personale o per il proprio divertimento; allo stesso modo non partecipare a nessuna attività che implichi l'utilizzo di animali.

Il veganismo si focalizza specificatamente nella relazione morale fra umani e animali  non umani, così come il femminismo si riferisce concretamente alla relazione morale fra uomini e donne. Entrambi i principi morali partono dalla base morale per la quale tutte le persone devono essere rispettate allo stesso modo ed essere considerate come fini in sè stesse e non come mezzi da utilizzare con la forza per soddisfare le necessità ed i desideri altrui.

2 – Perché dobbiamo essere vegani?

Per etica.

Più precisamente per tre ragioni molto elementari, basate sulla logica e su dati di fatto:

Primo; perché siamo individui capaci di ragionare, di renderci responsabili della nostra condotta e di comprendere che le nostre azioni avranno delle conseguenze che possono interessare altri individui. Siamo esseri razionali la cui condotta si fonda sulla logica.

Secondo; perché in accordo con la logica – con il principio logico di identità – non dobbiamo fare ad altri ciò che non desideriamo venga fatto a noi. Se vogliamo che nessuno ci consideri cibo, allora non dovremmo considerare altri individui come cibo, comportandone in questo modo la sottomissione e l'uccisione.  Tutti gli esseri senzienti sono coscienti e possiedono degli interessi primari relativi alla propria sopravvivenza e al proprio benessere.

Su questo elemento si basa il principio etico di uguaglianza, o di eguale considerazione morale. Discriminare alcuni individui per il fatto di appartenere a specie differenti rispetto alla nostra equivale al discriminarne altri per via del genere di appartenenza o per l'appartenenza ad un'altra etnia.

La discriminazione basata sul concetto di specie viene definita specismo.

Terzo; perché tutti gli individui senzienti possiedono un valore intrinseco. A differenza dei viventi o delle cose non senzienti – viventi senza sistema nervoso, vegetali o minerali – tutti gli esseri senzienti possono sperimentare sensazioni e hanno interesse nel salvaguardare la propria auto-conservazione ed il proprio benessere. Tutti gli esseri senzienti sono anche autocoscienti in differenti gradi di complessità.

3 – Ma consumare animali non è una scelta personale e privata? Ciascuno può mangiare ciò che preferisce no?

Quando si tratta del rispetto dei diritti fondamentali di esseri umani non giustifichiamo il fatto di violarli appellandoci alla “scelta personale e privata”. L'etica non si basa su capricci o desideri personali ma su norme oggettive e basate sulla ragione. Perché ciò dovrebbe essere differente nel caso degli altri animali? Se ragioniamo vedremo che gli stessi argomenti che giustificano il rispetto degli esseri umani valgono esattamente allo stesso modo se applicati agli animali non umani. Dobbiamo rispettare gli esseri umani perché sono esseri senzienti che possiedono interessi. Gli esseri umani desiderano conservare la propria vita, godere di situazioni favorevoli, evitare il danno e la sofferenza e non essere sottomessi alla volontà altrui.

Gli altri animali possiedono gli stessi interessi fondamentali. Entrambi possiedono un valore intrinseco – danno valore alla propria vita, alla propria integrità fisica e alla loro libertà a prescindere dal giudizio altrui – e il principio di uguaglianza ci impone a questo punto di considerare e rispettare i loro interessi con lo stesso rigore con il quale rispettiamo i nostri interessi – gli interessi umani. 

Una scelta privata è per esempio lo scegliere liberamente il colore delle pareti della nostra casa. Questo fatto non lede i diritti di nessuno. Però se le nostre azioni hanno delle conseguenze dirette sugli interessi fondamentali di altri individui allora si impone una questione morale che non è più privata.

4 – Si può realmente tradurre in pratica il veganismo?

Certamente. Milioni di esseri umani in diverse parti del mondo sono vegani.

In primo luogo non abbiamo nessuna necessità nutrizionale che ci imponga di nutrirci di animali o di loro prodotti. Un'alimentazione vegana ben equilibrata ci fornisce tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Allo stesso modo possiamo soddisfare le nostre necessità basiche senza utilizzare animali non umani. Che il veganismo si possa applicare facilmente nella vita quotidiana è un dato di fatto.

Ad un livello collettivo e ambientale, una società umana che adotti il veganismo è ugualmente realizzabile. Allo stato attuale almeno un terzo di tutte le terre coltivabili del pianeta viene utilizzato per produzioni agricole destinate all'alimentazione degli animali schiavizzati. Inoltre lo sfruttamento votato all'allevamento consuma una quantità d'acqua fino a dieci volte superiore a quella necessaria per l'agricoltura destinata al consumo umano.

Una società vegana non dovrebbe sfamare le decine di milioni di animali attualmente schiavizzati, pertanto una società vegana, a parità di abitanti, avrebbe bisogno di molte meno risorse in termini di terre coltivabili di quelle richieste dall'attuale società schiavista. 

Il veganismo applicato alla produzione di alimenti rispetto alla produzione di cibo derivato dallo sfruttamento animale richiede meno terra, meno acqua e meno risorse in generale per produrre una quantità di cibo maggiore.

5 – Una soluzione non potrebbe essere quella di trattare meglio gli animali non umani che utilizziamo?

No, non lo sarebbe. La questione morale non sta nella maniera in cui utilizziamo gli animali non umani ma nel fatto stesso di utilizzarli per un nostro beneficio. Il problema di fondo sta nello status di proprietà che attribuiamo agli altri animali. Abbiamo assoggettato gli altri animali alla categoria di schiavi. Se la schiavitù di esseri umani è immorale dal momento che considera gli individui degli oggetti, allo stesso modo essa sarà una pratica ingiusta se applicata ad altri animali.

Gli altri animali non possono dare il proprio consenso al loro utilizzo da parte nostra pertanto utilizzandoli non stiamo rispettando il loro essere individui con interessi e volontà proprie ma li utilizziamo come oggetti, come semplici strumenti. È in questo che basicamente consiste lo sfruttamento animale.

Non abbiamo nessuna ragione che giustifichi moralmente il fatto che utilizziamo gli altri animali. Pertanto sia quale sia la forma in cui si realizzerà questo utilizzo, non verrà annullata l'ingiustizia di base dell'utilizzo di animali per un nostro fine.

Quando ci riferiamo alla questione dei diritti umani, non ci azzarderemmo a parlare di una loro uccisione praticata con minore crudeltà. Non è accettabile che gli stupratori trattino “meglio” le persone di cui abusano. L'unica opzione valida è che smettano di abusarne.

La soluzione non è “trattare meglio” gli animali che schiavizziamo. L'unica soluzione etica è non schiavizzare nessuno.

6 – Gli altri animali mangiano altri animali. Perché non va bene che noi facciamo lo stesso dal momento che pure noi siamo animali?

Il fatto di essere animali e che altri animali mangino animali, non giustifica che noi imitiamo la condotta di altri animali.

È un dato di fatto che altri umani uccidano e stuprino altri umani, questo dimostra che possa essere corretto che noi facciamo lo stesso dal momento che anche noi siamo esseri umani? Ovviamente no. Questo non è un'argomentazione eticamente valida.

Se giustificare una certa azione o condotta sostenendone la sua “naturalezza” fosse un'argomentazione valida allora si potrebbe giustificare qualsiasi cosa.

Sostenere che per il fatto di possedere canini, o per il fatto di essere onnivori, non esista un problema etico relativo al consumo di animali come alimento equivale a dire che il possedere un pene possa giustificare moralmente lo stupro di donne, dal momento che il sesso è un qualcosa di “naturale”.

Se con il termine etica intendiamo quella pratica che ci porta a guidare razionalmente la nostra condotta in accordo con una serie di norme morali allora non è razionale appellarci a fatti che avvengono in natura per giustificare il nostro comportamento.

7 - E per quanto riguarda le piante, i batteri o i virus?

Né i virus, né i batteri o le piante possono definirsi senzienti. Difatti non possiedono un sistema nervoso (che è l'organo che permette la senzienza). Le piante sono degli esseri viventi che possono ricevere informazioni dall'ambiente circostante – così come possono farlo le macchine dotate di sensori – e sebbene mettano in atto delle risposte alle condizioni ambientali, non elaborano le informazioni trasformandole i sensazioni dal momento che non possiedono un sistema nervoso. Solo gli animali possiedono sistema nervoso mentre gli altri viventi ne sono privi, così come sono privi di sistemi o organi equivalenti.

8 – E per quanto riguarda questioni come l'inquinamento, l'ambiente naturale, la povertà, le guerre e altri problemi sociali?

Nessuno mette in dubbio il fatto che esistano anche altri problemi di rilevanza morale aldilà dello sfruttamento degli animali.

Però il fatto che esistano altri problemi non giustifica in nessun caso che ignoriamo e che partecipiamo allo sfruttamento animale. Così come il fatto che esistano molti problemi di carattere morale nel mondo non giustificherebbe il partecipare alla schaivitù di esseri umani.

9 – Che c'è di male nel consumare uova, latte o miele dato che gli animali dal quale si ottengono questi prodotti non sono stati maltrattati o uccisi per la loro
produzione?

In realtà l'idea secondo la quale dietro al consumo di uova o latte o lana o miele non siano presenti morte e sofferenza è un'idea erronea che deriva dalla pubblicità ingannevole diffusa dall'industria dello sfruttamento animale. 

L'unica cosa certa è che gli animali schiavizzati per il loro latte o le loro uova soffrono in forme molteplici: confinati in spazi angusti, spaventati e colpiti perché obbediscano e derubati dei loro prodotti contro la loro volontà. Inoltre quando questi animali non risulteranno più produttivi per i loro sfruttatori, verranno condotti al macello. Verranno assassinati.

Aldilà della sofferenza e della morte che causiamo agli animali che sfruttiamo, lo stesso fatto di vederli come macchine da produzione che esistono per soddisfare le nostre necessità è già di per sé una forma di cosificazione e di negazione della loro condizione di individui con volontà ed interessi propri.

Gli altri animali non ci hanno dato il loro consenso perché gli utilizziamo e questo fatto suppone che un qualsiasi utilizzo che faremo di essi sarà una violazione del rispetto basico che tutti gli animali meritano per il semplice fatto di essere degli individui senzienti.

10 – Ma anche il consumo di prodotti sintetici o vegetali danneggia e contamina l'ambiente naturale.

In primo luogo deve essere chiaro che utilizzare gli animali per i nostri scopi è ingiusto, perché per farlo stiamo violando il loro valore inerente di individui e il principio etico di uguaglianza e pertanto non è moralmente accettabile che vengano utilizzati da noi come alimento, abbigliamento o con qualsiasi altro tipo di scopo.

Dobbiamo cercare di tutelare l'ambiente naturale per rispetto degli interessi dei non umani che in esso vivono, però non c'è ragione di preoccuparsi del fatto che consumando prodotti di origine vegetale provochiamo un danno ambientale se allo stesso tempo finanziamo la schiavitù e l'assassinio di non umani perché possiamo cibarci dei loro corpi, dei loro prodotti o perché possiamo coprirci con pezzi dei loro corpi.

Pensiamo a questo; il fatto di utilizzare esseri umani senza il loro conenso a costo di privarli di vita e libertà per una produzione di cibo o vestiario potrebbe essere meno impattante dell'utilizzo di materiali sintetici ma questo non giustificherebbe il loro utilizzo come semplici oggetti.

Allo stesso modo vale per l'utilizzo di animali non umani. Il criterio di considerazione morale è lo stesso per tutti gli individui senzienti e con interessi propri. Tutti gli animali senzienti possiedono un valore inerente. Questo significa che i loro interessi e la loro volontà non devono essere ignorati per i nostri benefici.

Utilizzare umani come schiavi potrebbe essere meno impattante rispetto all'uso di energia elettrica o chimica ma non è un fatto che potrebbe giustificarne la riduzione in schiavitù.

Inoltre immaginiamo qualcuno che affermi: “dal momento che non possiamo evitare di danneggiare terze persone in maniera assoluta, anche solo accidentalmente o indirettamente, allora non esiste nessun problema morale nel cannibalismo”.

Ogni anno migliai di esseri umani muoiono per cause direttamente legate all'inquinamento. E tutti siamo partecipi della creazione di questo inquinamento.

Questo significa che allora potremmo non rifiutare l'assassinio, la schiavitù e lo stupro di esseri umani? Ovviamente no. Allora perché dovrebbe essere in qualche modo diverso per quanto riguarda i non umani? Anche se continuiamo a danneggiare indirettamente altri animali a causa dell'inquinamento questa non è una scusa valida per il continuare a schiavizzarli.

D'altro canto, tenendo conto del fatto che almeno un terzo delle terre che utilizziamo per l'agricoltura è destinata all'alimentazione degli animali che utilizziamo con fini alimentari (allevamento), risulta evidente come applicando il veganismo ridurremmo già considerevolmente il numero delle vittime che causiamo indirettamente con l'agricoltura dal momento che occuperemmo una superficie di terreno molto minore.

Per non parlare del fatto che verosimilmente in una società che consideri gli altri animali come persone – una società vegana – ci si sforzerebbe maggiormente per escogitare ed applicare metodi più rispettosi degli interessi degli altri animali.

Se davvero vogliamo evitare del tutto di causare sofferenza e danno agli altri animali la prima e più importante presa di posizione che dovremmo mettere in pratica è quella di diventare vegani e di diffondere il veganismo.

11 – Che cosa faresti se fossi in un'isola deserta e la tua unica opportunità per sopravvivere fosse quella di uccidere altri animali? 

Prima di rispondere voglio porre una domanda: come ci comporteremmo invece in un mondo che ci offrisse tutti gli alimenti vegetali utili al soddisfacimento delle nostre necessità nutrizionali e nel quale fosse evidente che gli altri animali sono individui che sentono, soffrono e hanno interesse a vivere senza patire danni e sofferenza? Continueremmo a partecipare al loro sfruttamento? 

Il caso dell'isola deserta è un caso tremendamente inverosimile mentre la seconda opzione è una realtà già realizzata in questo istante. Possiamo vivere senza utilizzare animali, possiamo vivere senza renderli schiavi e senza danneggiarli, quindi qual è la domanda che è più opportuno porsi?

In ogni caso, anche se dovessimo trovarci nella situazione di dover necessariamente utilizzare altri animali come cibo, anche in quel caso sarebbe ingiusto farlo. Come è ingiusto uccidere un altro individuo per utilizzare i suoi organi che ci permetterebbero di vivere più a lungo. Se gli altri animali non sono colpevoli dei nostri problemi non è giusto che paghino per essi.

12 – E per quanto riguarda le medicine?

Il tema delle medicine è più complesso rispetto a quello dell'alimentazione, dell'abbigliamento e dell'intrattenimento perché coinvolge elementi che non ci vedono esattamente unicamente come semplici consumatori.

In primo luogo, ci sono medicinali che non contengono ingredienti di origine animali ed il cui consumo non implicherebbe l'utilizzo di animali – un esempio: l'aspirina. Il semplice fatto di assumere medicinali non implica il partecipare allo sfruttamento animale anche se provengono da compagnie che testano i loro prodotti su non umani in certi esperimenti.

Per etica dovremmo sempre cercare di individuare opzioni che non implichino l'assumere medicinali se questi derivano da imprese che utilizzano animali come cavie o che abbiano fra i loro ingredienti componenti derivati da animali - alcuni problemi di salute si possono curare con medicamenti ottenuti da piante e molti medicinali hanno principi attivi estratti da piante. Di fatto le piante sono state utilizzate da sempre come fonte di principi attivi curativi.

Tuttavia non dirò mai a nessuno di smettere di assumere un farmaco se questo è necessario per la sua salute. Dico solamente che abbiamo l'obbligo morale di cercare prodotti che non implichino l'utilizzo di altri animali come avviene nell'alimentazione e negli altri ambiti della nostra vita.

Non si tratta di smettere di utilizzare determinati prodotti necessari per la nostra salute dall'oggi al domani ma di cercare di sostituirli, ove possibile, con alternative che non derivino dallo sfruttamento animale. È importante che inziamo a smettere di partecipare allo sfruttamento animale ogniqualvolta sia possibile farlo.

Non c'è nulla di male nel preoccuparsi riguardo all'utilizzo di certi farmaci perché è un fatto che dimostra che possediamo empatia e coscienza morale. Tuttavia non vale la pena tormentarsi se non possediamo soluzioni alternative valide.

In generale, tolte poche eccezioni, il 99% degli usi che facciamo degli altri animali ora come ora sono prescindibili e sostituibili. E questo si verifica specialmente negli ambiti dell'alimentazione, dell'abbigliamento e dell'intrattenimento.

13 – Devo smettere di consumare gli alimenti che contengono derivati animali in tracce anche se sono di origine vegetale?

Le tracce sono resti minimali di sostanze che potrebbero capitare accidentalmente all'interno di un determinato alimento durante la sua elaborazione, ma che non sono inclusi deliberatamente in esso. Non sussiste alcun problema morale dal punto di vista vegano, nel consumare prodotti che possano contenere tracce di prodotti di origine animale dal momento che questo consumo non comporta una domanda di prodotti derivati dallo sfruttamento animale.

Il consumo di prodotti con tracce di derivati animali non comporta il sostenere o il finanziare lo sfruttamento animale. L'avvertenza circa la presenza di tracce è un semplice avviso diretto a persone con determinate allergie.

Se un cuoco vegano dovesse prepararci una pietanza 100% vegetale ci sarà sempre una possibilità che cada un ciglio o un pelo umano dentro il nostro cibo. Ma mangiare quel prodotto non ci renderebbe cannibali per il fatto di ingerire un qualcosa di origine umana in forma involontaria ed accidentale. Ovvio no? Lo stesso vale per le tracce di derivati animali.

Consumando prodotti con tracce di derivati animali non stiamo sostenendo lo sfruttamento specista come invece avviene acquistando e consumando alimenti che contengano derivati animali inseriti volontariamente.

14 – Come posso diventare vegano?

Se abbiamo compreso le ragioni sulle quali si basa il veganismo e siamo motivati a rispettare gli altri animali allora la prima cosa da fare e anche la più importante è informarsi correttamente su alcuni aspetti basilari, primo fra tutti l'alimentazione.

Questo non ci prenderà troppo tempo ed in rete è reperibile moltissimo materiale che spiega come praticare un'alimentazione salutare costituita unicamente di alimenti di origine vegetale.

Questo è il primo passo fondamentale. Anche se il veganismo è un principio che si applica anche a tutti gli altri ambiti della vita e quindi si estende anche all'abbigliamento, all'ozio, alla pulizia della casa e all'igiene della persona e a molti
altri ambiti.


Tratto da Filosofía Vegana —pagina in lingua spagnola— tradotto da Antonio De Agostini

giovedì 20 luglio 2017

*Vegan Sidekick*



Pubblichiamo di seguito il collegamento alla pagina “Vegan Sidekick Italia”, nella quale le celebri vignette di Vegan Sidekick vengono riportate tradotte.

Tramite l'umorismo ed il mezzo del fumetto Vegan Sidekick mette a nudo l'ipocrisia e le contraddizioni che accompagano l'utilizzo dei non-umani da parte dell'Uomo.  

venerdì 30 ottobre 2015

Consenso

"È ovvio che nessun animale non-umano potrà mai dare il suo consenso volontario perché possa essere utilizzato in un esperimento. Una situazione analoga solleverebbe dei problemi di carattere morale nel caso in cui interessasse degli esseri umani, ma se cerchiamo di lasciare da parte i pregiudizi di specie, non vedremo come sarà il caso di valutare questo genere di problemi di carattere morale anche nel caso dell'utilizzo di animali?" — Jorge Riechmann

Utilizzare gli altri animali equivale a sfruttarli, in quanto li utilizziamo senza un loro consenso.

Utilizzare non è però sempre sinonimo di sfruttare. Si può utilizzare qualcuno senza
necessariamente sfruttarlo. Lo sfruttamento inizia quando si utilizza qualcuno esclusivamente come un mezzo per un qualche fine, come se esso fosse una semplice risorsa, e non ci si pone il suo rispetto come un fine in se stesso. Vale a dire, lo sfruttamento è un tipo di utilizzo che considera altri individui come semplici mezzi per un nostro beneficio. 

Per esempio, se qualcuno ci pone una domanda ci sta utilizzando. Ci utilizza come dei mezzi per un fine: ottenere una risposta. Però non ci sta trattando unicamente come un mezzo per un fine, se nel porci la domanda rispetta la nostra volontà e la nostra individualità. Questo utilizzo non sarebbe sfruttamento perché non verremo trattati come un semplice mezzo. Però se venissimo aggrediti od obbligati in un qualche modo a fornire la risposta allora l'utilizzo si convertirebbe in sfruttamento.

Delle volte si dice che “qualcuno ci sta utilizzando” in forma dispregiativa, volendo però dire più correttamente che qualcuno ci sta sfruttando, vale a dire, ci utilizza senza il nostro consenso. Sappiamo però che il linguaggio colloquiale non spicca per il suo rigore. Accade infatti allo stesso modo dire che “qualcuno ci sfrutta” per dire che commette un qualche abuso concreto all'interno di un utilizzo consenziente. Per esempio, quando il nostro capo non ci paga un salario equo. Allo stesso modo questa espressione è errata. Infatti anche se tutte le forme di sfruttamento comportano un abuso, non tutti gli abusi si possono considerare come sfruttamento. 

Per contro, quando si tratta di utilizzare altri animali si avrà sempre sfruttamento, perché questo utilizzo si realizza senza il loro consenso o direttamente contro la loro volontà. E spesso, quasi sempre, questo utilizzo implica vulnerare i loro interessi basici: il loro interesse ad esistere; il loro interesse ad evitare danni fisici e sofferenza.

Gli altri animali sono essere senzienti: possiedono coscienza di se stessi e di quanto accade a loro, possiedono una volontà, intenzioni, desideri ed interessi propri. Essi sono soggetti. Per questo motivo non è corretto utilizzarli come se fossero oggetti, come semplilci mezzi per conseguire dei nostri scopi. Esattamente la stessa ragione che condanna lo sfruttamento animale condanna quello compiuto su animali. La specie non è moralmente rilevante.

Ogni animale senziente è il soggetto di una vita. In quanto soggetti, non solo viviamo, ma viviamo le nostre vite tramite sensazioni, emozioni e desideri. Questa vita è un fine in se stesso – possiede un valore inerente – e non è un semplice mezzo per il raggiungimento degli obbiettivi di altri individui – valore strumentale. Per questa ragione è ingiusto sacrificarla ai desideri e alle necessità di altri come un oggetto che non possiede un valore intrinseco.

Pertanto, aldilà del danno e della sofferenza che comporta lo sfruttamento animale, il fatto di utilizzare altri animali è immorale perché questi non possono esprimere il proprio consenso al loro utilizzo. Noi siamo soliti aggirare questo punto perché la nostra cultura specista ha cosificato gli animali fino al punto che non arriviamo nemmeno a pensare che gli altri animali possano avere una propria volontà e che siamo quindi obbligati a rispettarli.

Se capiamo quanto sia moralmente erroneo utilizzare altri umani senza il loro consenso, allora non c'è nessuna ragione che giustifichi un trattamento differente quando si esamina il rapporto con altri animali. Come segnalava il professor Tom Regan:
"Come per quanto riguarda gli umani impossibilitati a dare o negare il loro consenso (pur avendo consapevolezza di quanto vorrebbero), così vale per scimpanzé e altri animali, che non possono dare o negare il loro consenso informato su una determinata pratica che li vede coinvolti."

Gli altri animali non possono dare il loro consenso al nostro utilizzo. Pertanto, qualsiasi utilizzo che noi facciamo di essi sarà un abuso. 

Il consenso implica: 

1) Uguaglianza fra le parti (una non può essere in una posizione che le permetta di approfittarsi dell'altra);

2) Volontà libera di decidere (non essere forzati o costretti);

3) Comprensione cosciente di quello che implica la situazione (avere una piena conoscenza di ciò che si sta facendo e di tutto ciò che esso possa implicare). 

Nessuno di questi requisiti si può verificare nelle relazioni fra umani e non-umani. 

Gli animali non-umani non forniscono questo consenso affinché vengano utilizzati da parte nostra. Loro non hanno deciso per loro stessi. Gli umani hanno deciso per loro e quindi i non umani sono stati sottomessi con la forza. 

Quello che facciamo come esseri umani è costringere i non-umani perché questi facciano qualcosa in cambio di cibo, riparo o per evitare un castigo. I non-umani possiedono senza dubbio una consapevolezza del fatto che siano sottomessi all'autorità umana e agiscono unicamente spinti dalla paura o spinti dal dolore che provochiamo loro.

Però supporre che loro diano il loro assenso semplicemente perché cedono di fronte alle imposizioni degli umani è esattamente lo stesso che dire che gli schiavi umani "consentano" alla loro condizione di schiavitù semplicemente perché molti di essi si recano a lavorare per evitare rappresaglie o perché sono costretti dai loro sfruttatori e non possiedono alternative. Loro non decisero ne acconsentirono a quella situazione. Sono forzati ad essa per il beneficio di altri che li hanno sottomessi. Tramite lo sfruttamento, gli altri animali sono sottomessi allo status di proprietà umana. Questa ingiustizia fondamentale è quella a cui si oppongono il veganismo ed il movimento di liberazione animale.

Tratto da Filosofía Vegana —pagina in lingua spagnola— tradotto da Antonio De Agostini



sabato 2 novembre 2013

Veganismo in poche parole

“Il Veganismo è il principio abolizionista dello sfruttamento degli animali da parte dell'uomo. L'aspetto positivo di questa definizione negativa (non-sfruttamento) è la concessione della libertà. In una parola: emancipazione. Veganismo sarà definito come il principio dell'emancipazione degli animali dallo sfruttamento da parte degli esseri umani.” Leslie Cross

Il veganismo è un'etica che postula l'inclusione degli altri animali nella comunità morale.

Questo significa il riconoscimento degli animali non-umani come soggetti di considerazione morale. O detto in altro modo: implica lo smettere di vedere i non-umani come oggetti o mezzi che esistono per il nostro uso e beneficio, ed iniziare a considerarli come persone. 

Questa posizione si basa su due Principi fondamentali:

Primo; se un essere possiede la capacità di sentire, allora esso avrà coscienza, volontà ed interessi propri e, per tanto, compie l'unico requisito necessario e sufficiente per essere riconosciuto come un individuo dal valore intrinseco, compiuto in se stesso, e non un qualcosa esistente in funzione di uno scopo o di un obbiettivo estraneo ad esso. L'essere individui senzienti rende quindi tutti noi, umani e non-umani, soggetti ai quali devono essere riconosciuti dei diritti fondamentali, come quello alla vita e alla libertà. 

Secondo; una volta che abbiamo riconosciuto l'esistenza del valore intrinseco di questo essere, allora potremo essere giusti rispettando la sua volontà ed i suoi interessi allo stesso livello dei nostri, indipendentemente dalla specie alla quale appartenga l'individuo che possiede volontà e interessi.

Al contrario di quanto può apparire in alcune occasioni, il veganismo non è uno “strumento” o un mezzo (una dieta, uno stile di vita), ma un principio etico. Così lo spiegava Leslie Cross, uno dei fondatori del movimento vegano nei suoi albori:
“È importante ribadire che uno dei risultati di questa definizione è che fa del veganismo un Principio. È, chiaramente, un Principio dal quale nascono alcune pratiche, però è in se stesso un Principio, e non un insieme di pratiche.” “Il veganismo è essenzialmente una dottrina di libertà. Cerca di liberare gli animali dal giogo dell'essere umano, e l'essere umano dal giogo di una falsa credenza, secondo la quale possediamo un diritto morale a considerare gli animali come un mezzo per i nostri fini.” 
L'opposto del veganismo, costituisce una discriminazione ingiusta e arbitraria che si conosce come specismo, e che deriva dal disprezzo e dallo sfruttamento degli altri animali per il semplice fatto che questi non sono esseri umani. Il veganismo si oppone radicalmente a questa discriminazione tramite le scelte individuali di ciascun vegano così come tramite l'attivismo basato sull'educazione creativa e non violenta. 

Non vi è alcuna differenza morale fra l'abusare di esseri umani o abusare di animali non-umani. Ognuno di essi sente e possiede gli stessi interessi basici. Nessuno di essi vorrà essere danneggiato, né che ci si approfitti di esso. Per questo, il sessismo, l'omofobia, il razzismo e lo specismo sono ingiustizie equivalenti. Nessuna ragione morale giustifica il discriminare altri individui per il fatto di appartenere ad una determinata razza, sesso, specie o orientamento sessuale. 

Assumere il principio del veganismo implica che smettiamo di partecipare all'utilizzo di animali non-umani per qualsiasi proposito umano. Quindi non mangiarli, non vestirci con pezzi dei loro corpi, non partecipare a nessuna attività che implichi utilizzarli. Non abbiamo necessità di usare gli altri animali per vivere, e abbiamo a disposizione varie opzioni in tutti gli ambiti (alimentazione, abbigliamento, lavoro, ozio...) che non implichino l'utilizzare non-umani. Lo strumento per fare in modo che questo principio si applichi a tutta la società è l'attivismo nel quale tutti dovremmo applicarci proporzionalmente alle nostre possibilità. Se per coerenza assumiamo il principio del veganismo in tutti gli ambiti della nostra vita (alimentazione, abbigliamento, ozio, lavoro...) allora dovremmo ugualmente applicarlo all'attivismo. Un attivismo quindi basato sulla promozione e la diffusione del veganismo a tutti i livelli. 

Il veganismo non discrimina moralmente gli individui sulla base della loro specie, e si focalizza su un determinato pregiudizio (lo specismo) che sì discrimina ingiustamente gli animali non-umani per quanto riguarda la considerazione morale, per considerarli dei meri oggetti che esistono per un beneficio degli umani. Come attiviste, ci applichiamo perché si stabilisca l'uguaglianza e si riconosca il valore morale, intrinseco, dei non-umani. 

Il veganismo può essere inteso come un'estensione del principio di non violenza alla nostra relazione con gli altri animali. Abbandonare l'odio e lo scontro e sviluppare le nostre vite senza ricorrere alla violenza significa basare le nostre relazioni sulla ragione, sull'empatia.

Tratto da Filosofía Vegana —pagina in lingua spagnola— tradotto da Antonio De Agostini



martedì 9 aprile 2013

Educare è la chiave


«Per ognuno che colpisce la radice ci sono centinaia di altri che attaccano i rami.»  - H. D. Thoureau

Sono convinto che la forma più corretta ed efficace per ottenere il rispetto per gli altri animali —il rispetto dei loro diritti legittimi— passi attraverso l'educazione vegana. Tanto ad un livello individuale quanto a livello sociale. In questo documento voglio esporre un'argomentazione a favore di questa posizione.

Il motivo per cui sfruttiamo gli altri animali non ha nulla a che vedere con una supposta malvagità intrinseca alla nostra natura. Forse qualche individuo agisce mosso da malizia, però la grande maggioranza è stata semplicemente indottrinata a vedere gli animali come esseri inferiori che esistono per un nostro beneficio e di conseguenza ad assumere come un qualcosa di normale che li utilizziamo a nostro beneficio, anche se questo avviene al costo della loro vita e della loro libertà.

Pertanto, la causa della nostra violenza verso gli altri animali radica nel pregiudizio; e l'unica possibilità di porre rimedio a questo pregiudizio è invertire quell'indottrinamento specista tramite la sensibilizzazione.

La grande maggioranza delle persone è perfettamente capace di empatizzare con gli altri animali e di comprendere che sfruttarli è un qualcosa di sbagliato. Queste necessitano però che qualcuno le informi e le aiuti a prendere coscienza di ciò.

[…]

Per cambiare realmente ed efficacemente la situazione degli animali non umani attraverso le leggi, ci deve essere un presupposto, ovvero che una base sociale di persone appoggi l'abolizione della loro schiavitù, e che applichi tale principio morale nelle proprie vite: Veganismo. Lo ribadisce in questo modo ad esempio Gary Francione:
Il veganismo non è una mera questione di dieta; è una presa di posizione morale e politica che mira all'abolizione nell'ambito individuale e non interessa unicamente il cibo, ma anche abbigliamento, prodotti, azioni e scelte personali. Diventare vegani è l'unica cosa che possiamo fare oggi per aiutare gli animali. Rappresenta un ripudio alla concezione di oggetto dei non-umani e il riconoscimento del loro valore intrinseco.
Unicamente quando noi vegani raggiungeremo un numero considerevole di elementi di questa società, e non tanto in termini di numeri quanto in termini di influenza morale e sociale, potremo aspirare realisticamente a che avvenga un cambiamento nella nostra relazione di umani con il resto degli animali.

E per far sì che il numero di vegani continui a crescere, dobbiamo focalizzare il nostro tempo ed il nostro sforzo verso l'attivismo educativo. L'educazione vegana deve essere la priorità. Dobbiamo eradicare il paradigma morale specista che domina la nostra società, ed incamminarci verso una cultura etica basata nella filosofia dei Diritti Animali. Solo in questo modo la liberazione animale – liberare gli altri animali dal nostro dominio – potrà essere una realtà e non solo un'ideale.

L'attivismo è un dovere morale che è implicito nello stesso principio del veganismo. L'etica non è una semplice questione personale di ognun* ma un qualcosa che ci interessa direttamente tutti. In questo modo risulta chiaro come sia un nostro dovere fare in modo che tutti gli agenti morali agiscano in accordo con le norme etiche dal momento che essi saranno perfettamente in grado di comprenderle e metterle in pratica.

Ora, la forma nella quale ognuni metterà in pratica l'attivismo educativo dipenderà dalle sue possibilità e capacità. Non tutti abbiamo la stessa predisposizione per fare le stesse cose. Ognuni apporterà quanto di meglio potrà fare. Però sempre in una forma esplicitamente non violenta. Il veganismo è un'estensione o un corollario del movimento per la non-violenza.

Ovviamente la nostra attitudine verso questo compito dipenderà dalle prospettive che ci poniamo. Dal momento che chi è pessimista, probabilmente penserà che non vale la pena consumare tempo e sforzo nel cercare di costruire un mondo vegano, perché crede a priori che tale obbiettivo non sia raggiungibile. Nonostante ciò, la storia ci dimostra che il progresso morale è possibile. Il pessimismo non è giustificato.

[…]

L'educazione vegana non abolirà lo sfruttamento animale da un giorno all'altro, però sì potrà eradicare la mentalità specista che lo causa.

Il pregiudizio specista e la mentalità utilitaristica, sono i fondamenti ideologici dello sfruttamento animale che lo perpetuano e lo giustificano. Nel mentre che tali idee siano le predominanti nella nostra cultura, gli altri animali continueranno ad essere sfruttati e massacrati senza soluzione. Per questo dobbiamo agire contro la radice del problema per poter sperare di risolverlo. E questo è un compito di ognuni di noi, senza eccezioni.

Tratto da Filosofía Vegana —pagina in lingua spagnola— tradotto da Antonio De Agostini

L'APPROCCIO ABOLIZIONISTA

domenica 11 novembre 2012

Distorsioni del veganismo


In questa nota mi piacerebbe analizzare un problema che salta fuori con eccessiva frequenza nei dibattiti e nelle conversazioni sulla considerazione morale verso gli altri animali: la distorsione del veganismo. Anche se per poter parlare di distorsione dovremmo poterci riferire ad un qualcosa di oggettivo. Esiste quindi un significato oggettivo di veganismo o si tratta di un termine che chiunque può interpretare a suo piacimento? La mia posizione è decisamente orientata verso la prima opzione. Ed è una posizione sostenuta logicamente da fatti e ragioni, non da gusti personali, come cercherò di spiegare a continuazione.

Nell'anno 1951, Leslie Cross, l'allora vicepresidente della Vegan Society, redasse un documento nel quale si esponeva la definizione consensualmente accettata di veganismo: “L'obbiettivo del nostro movimento deve essere il termine dello sfruttamento degli animali da parte dell'uomo. La parola “veganismo” significherà la dottrina secondo la quale l'uomo deve vivere senza sfruttare gli altri animali.”

Senza dubbio questa definizione mi sembra la più azzeccata, data la sua affinità morale con altri movimenti simili, come il femminismo o il movimento per l'abolizione della schiavitù umana. Se in effetti veganismo significa non utilizzare animali non umani (e per tanto non consumare nessun prodotto né partecipare in nessuna attività che implichi un loro utilizzo) questa accezione del termine ha senso solo se partiamo da un fondamento morale: riconoscere gli altri animali senzienti come persone, vale a dire, non trattarli come oggetti, come risorse, come semplici mezzi per il conseguimento dei nostri fini. Tutto ciò si verifica ogniqualvolta utilizziamo un qualcuno senza il suo consenso esplicito ed informato, o al punto da lederne i suoi interessi basici. 

Vediamo alcune delle distorsioni più frequenti del veganismo come termine e come significato:

#1) La prima e più frequente distorsione del significato di veganismo è quella del veganismo visto come dieta o stile di vita. Questa distorsione è tremendamente abituale, si considera erroneamente che il veganismo sia un tipo specifico di alimentazione, alla stregua del vegetarianismo (non consumare cadaveri di animali). Il vegetarianismo ha contribuito molto a questa falsificazione, infatti già da decadi si è potuto vedere come si qualifichi il veganismo come un tipo di vegetarianismo. Cosa che fece anche la stessa Vegan Society che ha perduto già da parecchio tempo il suo referente morale, (come già a suo tempo denunciò Gary Francione), per convertirsi semplicemente in un'impresa che promuove il veganismo come se si trattasse di un prodotto di marketing.

Il veganismo non è una dieta né uno stile di vita. Il veganismo è un principio morale (non utilizzare animali non umani) che, una volta assunto implica effettivamente l'assunzione di un tipo di alimentazione e il condurre una vita in generale che non implichino la partecipazione nello sfruttamento degli animali non umani. Allo stesso modo anche il femminismo è un principio morale (che riconosce le donne come persone, come individui autonomi con volontà e interessi propri) che, una volta assunto, comporterà delle implicazioni nella nostra vita. Risulta ovvio che rispettare le donne, implicherà non usarle come cibo. Questo dovrebbe risultare altrettanto evidente se parliamo di rispetto basico verso gli animali non umani.

#2) La seconda distorsione più frequente del veganismo è quella che dice che il veganismo è un semplice strumento per per poter ridurre, evitare o eliminare la sofferenza degli animali (più specificatamente degli animali umani). Questa distorsione vorrebbe intendere con veganismo il semplice fatto di non utilizzare gli altri animali, o non partecipare al loro sfruttamento, però privandolo di tutto il suo fondamento morale. Questo accade perché la base ideologica dalla quale parte chi distorce il veganismo in questo modo, non è il rispetto per le persone ed i loro diritti, ma piuttosto il semplice odio o rifiuto per la sofferenza in se stesso. In generale, si tratta di persone vicine all'utilitarismo o a posizioni simili, come quelle che è solito difendere Peter Singer.

Così come segnala Ramon Alcoberro:
“Un utilitarista è benestarista, vale a dire, l'atteggiamento etico verso gli animali non è un fine in se stesso, ma uno strumento (per migliorare la salute umana, per poter vivere più felice astenendosi dall'ingerire carne cadaverica). L'utilitarista è, come si è detto, un edonista e il vegetarismo, che sia puro o misto (vale a dire che contempli il consumo di latte, uova, pesce o miele), gli offre uno strumento che aumenta la sua felicità personale o collettiva.” 
(Nonostante Alcoberro si sbagli quando definisce il veganismo come un “vegetarianismo puro”. Errore che ci rimanda al punto #1)

Il problema di questo punto di vista distorto si palesa rapidamente. Vedremo infatti persone che si definiscono vegane difendere determinate forme di sfruttamento animale o promuovere misure di “benessere animale” con la scusa che queste porteranno ad un miglioramento delle condizioni o ad una riduzione della sofferenza degli animali che vengono schiavizzati. Vale a dire, per loro il veganismo non è un principio morale, ma uno strumento che utilizzeranno delle volte e delle altre volte no, secondo la convenienza per il raggiungimento di un loro obiettivo, che non è il rispetto delle persone non umane e dei loro diritti, ma unicamente l'eliminazione della sofferenza.

Nonostante infliggere deliberatamente dolore e sofferenza a degli individui per ottenerne dei benefici non è moralmente accettabile, l'obbiettivo del veganismo non è di porre termine al dolore e alla sofferenza nel mondo, ma rispettare gli altri animali in quanto persone. Il nostro errore fondamentale non sta nel fatto di causare dolore, ma nel fatto di utilizzare ad altri animali come nostri schiavi, come mezzi per a nostro uso e consumo, come se fossero una nostra proprietà.

#3) Esiste poi una distorsione recente del veganismo conosciuta come “crudi veganismo”. In questo caso, persone che sostengono un'alimentazione crudista (assumere alimenti crudi o cotti solo fino ad una certa temperatura) completamente vegetale, qualificano la loro scelta alimentare come “crudiveganismo” cadendo nell'errore di confondere il vegansimo con un tipo di dieta o uno stile di vita. 

Immaginiamo qualcuno parlare di “crudi-femminismo” o di “crudi-liberalismo” o “crudisocialismo”. Sarebbe completamente ridicolo. Allo stesso modo è ridicolo e assurdo parlare di “crudi-veganismo”.

Per questo, condivido pienamente l'opinione della nutrizionista Ginny Messina rispetto questo problema:
“(...) Mi piacerebbe che si separassero le diete crude dal vegansimo. Il veganismo è una decisione basata su un'etica di giustizia per gli animali. Il crudismo è una dieta basata su credenze (non confermate) relative alla salute. Quando le persone dicono che il crudismo è “il passo successivo” al veganismo, stanno parlando di qualcosa che è ben lontano dall'aiutare le persone a scegliere di vivere una vita che tenga in considerazione i diritti degli animali. Inoltre promuove una forma di alimentarsi che non è appropriata per i bambini o le persone anziane. Il veganismo deve essere promosso in una forma che sia adatta a tutti.”
#4) Allo stesso modo è frequente una distorsione del veganismo che lo vorrebbe presentare come un ideale di perfezione morale, che consisterebbe nel non causare nessun tipo di danno in nessun modo a nessun animale. Però questo non è il veganismo. Il veganismo si riferisce specificatamente al fatto di non usare animali non umani per fini umani. Il veganismo non è un ideale di perfezione morale irraggiungibile. Il veganismo è un'etica di minimi. Vale a dire, è una base morale senza la quale non possiamo parlare di considerazione e rispetto verso gli animali non umani. Potremo iniziare a rispettare gli animali sono quando smetteremo di utilizzarli come nostri schiavi, come semplici mezzi per il soddisfacimento dei nostri desideri.

In conclusione, l'importanza di parlare in maniera appropriata non è una questione di secondaria importanza quando si tratta una questione di “purezza”. Qualsiasi persona che abbia partecipato in conversazioni e dibattiti si sarà resa conto del fatto che molte discussioni e divergenze sono dovute al fatto che usiamo gli stessi termini con significati differenti. Se usiamo le parole in maniera arbitraria risulterà impossibile comunicare e metterci d'accordo. Per tanto, non è un problema meramente linguistico ma di tipo morale. Se non possiamo ragionare, dialogare e metterci d'accordo fra noi allora non potremo stabilire nessun tipo di relazioni virtuose per tutte le parti in gioco. Potremmo avere successo in questo solo se partiamo da una base obbiettiva e comune.

Esprimerci correttamente non implica nessun sacrificio né sforzo addizionale. È alla portata di noi tutti. È solo una questione di volerlo. È la nostra volontà quella che decide. La stessa volontà di cambiamento che chiediamo ad altri perché prendano coscienza dell'errore dello specismo e quindi smettano di partecipare nello sfruttamento animale. Non chiediamo ad altri che facciano quello che noi stessi non siamo disposti a fare.

Tratto da Filosofía Vegana —pagina in lingua spagnola— tradotto da Antonio De Agostini


giovedì 9 luglio 2009

The Vegan News




NOVEMBRE 1944

I recenti articoli e le lettere pubblicati su "The Vegetarian Messenger" riguardanti l'uso di prodotti caseari hanno rivelato elementi di prova molto forti per dimostrare che la produzione di tali alimenti comporta uno sfruttamento molto crudele e la macellazione di vite altamente senzienti. La scusa che non è necessario uccidere, al fine di ottenere prodotti caseari è insostenibile per le persone con conoscenza dei metodi di allevamento del bestiame e della concorrenza, che anche gli agricoltori umanitari devono affrontare se vogliono restare in attività. 

Per anni molti di noi hanno accettato, come latto-vegetariani, che l’industria della carne e quella del settore lattiero-caseario fossero connessi, e che in qualche modo si sovvenzionassero l'un l'altro. Sapevamo pertanto che il motivo basato su fondamenti morali per respingere detti alimenti era eccezionalmente forte ed aspettavamo che prima o poi una crisi di coscienza ci liberasse di essi.

Per noi è già arrivato quel momento. Dopo aver seguito una dieta libera da tutti i prodotti alimentari di origine animale, per periodi che variano da poche settimane, in alcuni casi, per molti anni in altri, riteniamo che le nostre idee e le nostre esperienze siano sufficientemente mature per essere utilizzate come prova. L'indiscutibile crudeltà associata alla produzione di prodotti lattiero - caseari ha chiarito che la dieta latto-vegetariana è a metà strada tra la dieta carnivora e una dieta veramente umana e civile,e riteniamo pertanto che, durante la nostra vita sulla terra si dovrebbe cercare di evolvere in misura sufficiente a percorrere questa strada.

Siamo in grado di vedere molto chiaramente che la nostra attuale civiltà è costruita sullo sfruttamento degli animali, così come le civiltà passate sono state costruite sullo sfruttamento degli schiavi, e riteniamo che il destino spirituale dell'uomo nel tempo sarà vedere con orrore l'idea che gli uomini una volta si nutrivano di prodotti derivanti da corpi di animali. Anche se le prove scientifiche possono essere carenti, sospettiamo che il gran impedimento per lo sviluppo morale dell'uomo sta nella sua condizione di parassita nel confronto delle altre forme di vita animale. L’indagine sulle proprietà non materiali (vibrazionali) degli alimenti è appena iniziata, ed è poco probabile che i metodi di ricerca classici saranno in grado di aiutare molto. Ma non è possibile che, eliminando tutte le vibrazioni di origine animale dalla nostra dieta scopriamo non solamente la strada verso uno stile di vita salutare ma anche verso un avanzamento nella nostra capacità intuitiva e psichica sconosciuta fino ad oggi?

Una critica comune è che i tempi non sono ancora maturi per la nostra riforma. Ma possono mai essere abbastanza maturi per una riforma senza che siano stati spinti dalla determinazione dell’uomo? Wilberforce ha forse aspettato che i tempi fossero maturi prima di iniziare la sua lotta contro la schiavitù? Edwin Chadwick, Lord Shaftesbury, e Charles Kingsley hanno forse atteso prima di tentare di convincere l’opinione pubblica dei vantaggi di avere bagni ed acqua pulita? Solamente se avessero dichiarato la loro intenzione di avvelenare tutti avrebbero potuto trovare una maggiore opposizione. C'è un evidente pericolo a lasciare la realizzazione dei nostri ideali ai posteri, perché potrebbero non avere gli stessi ideali. L'evoluzione può essere tanto regressiva quanto progressiva, in realtà sembra esserci sempre una poderosa tendenza a scegliere la strada sbagliata prima che i nuovi canoni siano stabiliti e le nuove visioni rispettate. Per questo motivo abbiamo creato il nostro gruppo, che supponiamo essere il primo della sua natura, , nel nostro paese o in qualunque altro. 

ORGANIZZAZIONE DEL GRUPPO 

I nostri 25 membri sono sparsi in lungo e in largo, e quindi un comitato non è possibile. In mancanza di altri volontari che ho intrapreso le funzioni di On. Segretario, On. Tesoriere, e Sindaco, e se questa Costituzione antidemocratica offende qualcuno, sono aperto a ricevere suggerimenti per qualsiasi sistema che non mi consenta, intenzionalmente o accidentalmente, di sottrarre al gruppo i fondi provenienti da sottoscrizioni di uno scellino un anno! 

Il lavoro del Gruppo inizialmente sarà confinato alla propaganda contenuta nel bollettino. La nostra tesi recentemente ha suscitato un grande interesse e sembra che il bollettino sarà molto letto. Sono già pervenuti molti ordini per i primi quattro numeri e saranno di più quando avremo fatto pubblicità.. JW Robertson Scott, redattore di "The Countryman", ci ha scritto: "Mi piacerebbe conoscere il successo che avete ricevuto nel convincere i consumatori a rifiutare i prodotti a base di latte. Ho sempre pensato che da un punto di vista agricolo il vegetariano si trovasse in una posizione illogica, poiché le uova non possono essere prodotte senza ammazzare i pulcini, né i latticini possono essere economicamente redditizi senza la collaborazione del macellatore." La chiarezza con la quale i vegetariani vedono questa questione è ben rappresentata nel risultato di un recente dibattito organizzato per la Croydon Vegatarian Society (Associazione Vegetariana di Croydon) quando fu approvata quasi all'unanimità la proposta: "I vegetariani devono avere come fine l'eliminazione di ogni latticino." Se ricordiamo bene la votazione fu di 30 voti a favore e 2 contro. 

I nostri membri sono dichiaratamente individualisti, non si intimoriscono facilmente davanti alla critica e sono pieni dello spirito dei pionieri, e sono sicuro che non permetteranno mai che la loro rivista degeneri in un mero prodotto segretariale. Sono tutti invitati a scrivere periodicamente qualcosa per rendere la rivista interessante, utile e provocatoria. Avremmo una serie di articoli, di circa 600 parole, col titolo: “La mia filosofia spirituale" Articoli, lettere, ricette, diete, articoli di stampa, suggerimenti di giardinaggio, consigli sull’educazione dei bambini, annunci (gratis per i soci) sarà tutto benvenuto. Anche le lettere di critiche verso di noi saranno pubblicate. Si tratta di un lavoro davvero pionieristico e se tutti cooperiamo, vedremo con ogni sicurezza un avanzamento nelle abitudini umane, e magari riveleremo verità nutrizionali che altrimenti sarebbero rimaste inaccessibili. Ricordiamo come gran parte della ricerca nutrizionale moderna è promossa da forti poteri e realizzata in laboratori di vivisezione e che per questo motivo abbiamo ancora scarsi dati relativi ai vantaggi dell’alimentazione senza prodotti animali. Sappiamo che gli animali domestici sono quasi tutti malati, pertanto finché il 99,9999% della popolazione consuma i prodotti derivanti da quei corpi malati, come possiamo arrivare a misurare l'effetto che tali alimenti stanno causando? Centinaia di persone che vivono seguendo una dieta strettamente libera di alimenti animali per molti anni ci concederanno dati di inestimabile valore. Il Governo ha concesso sovvenzioni per lavori sociali di minore utilità!

CERCANDO UN NOME

Dobbiamo considerare accuratamente quale deve essere il nome della nostra organizzazione, quello della nostra rivista e come dovremmo chiamarci noi stessi. "Non-latto" si è trasformato in un termine colloquiale, ma è un termine negativo. Inoltre non implica l’opporsi anche all'uso delle uova come alimento. Abbiamo bisogno di un nome che suggerisca il tipo di dieta, e se è possibile che comunichi l'idea che escludendo qualunque alimento di origine animale, la Natura continua ad offrire un incredibile varietà di cibi tra cui che scegliere. "Vegetariano" e "fruttariano" sono associati con diete che permettono i "frutti" (!) di vacche ed uccelli, pertanto sembra che dobbiamo creare ed utilizzare un termine nuovo e più appropriato. Come si può notare questo primo numero del nostro periodico si intitola "Notizie Vegane." Questo è il termine che dobbiamo adottare, la nostra dieta sarà conosciuta come una dieta VEGANA, e noi conosciuti come VEGANI. I suggerimenti al riguardo da parte degli altri membri sono ben accetti . Il vantaggio di avere un titolo breve è ben conosciuta per quelli di noi che, come segretari di società vegetariane devono scrivere la parola “vegetariano” migliaia di volte all’anno. 

I NOSTRI RAPPORTI CON I LATTO-VEGETARIANI

L'obiettivo del nostro gruppo è una riforma che riteniamo morale, sicura e logica. Per ottenere questo dobbiamo, logicamente, spiegare in modo convincente perché condanniamo l’uso dei prodotti caseari e delle uova. In cambio ci aspettiamo di venire criticati. Non ci riguarderà se non riusciremo a convertire gli altri, ma crediamo che sarà loro preoccupazione se, nel profondo del loro cuore, sanno che abbiamo ragione. In ogni caso, non ci deve essere alcun astio tra noi e i “latto-”. Siamo tutti d’accordo che il latto-vegetarianismo ha un posto rilevante nell’evoluzione della dieta, e per questa ragione molti di noi spendono molto tempo lavorando per la causa latto-vegetariana. Negli ultimi anni le due società nazionali vegetariane hanno lasciato molto spazio nelle loro riviste alla questione dell’uso di prodotti latto-caseari, a abbiamo tutte le ragioni di credere che daranno importanza al nostro lavoro e che occasionalmente ne parleranno. ( Prima di istituire il nostro gruppo, il suggerimento è stato quello di creare una sezione da The Vegetarian Society facente parte della stessa. La proposta è stata accolta con successo dal Comitato, che ha deciso che il lavoro della società debba essere rivolto al compito di abolire il consumo di carne, e che ogni sezione del gruppo fosse libera di agire come un organismo indipendente. La necessità di dimostrare che è possibile vivere senza latticini, è troppo importante perché qualsiasi latto-vegetariano lo ignori. Accettare il compromesso del latto-vegetarianismo come una soluzione alimentare soddisfacente significa accettare una sequenza di orribili INCIDENTI di macellazione come inevitabile disegno divino. Non c’è bisogno di aggiungere che comporterebbe l’accettazione dell’immagine di un uomo adulto attaccato alla mammella di una mucca come se fosse un dignitoso e razionale disegno della Natura! 

Senza pretese di auto-giustizia, ci sentiamo in una posizione forte nel criticare il latto-vegetarismo, perché il peggio che possiamo dire sarebbe comunque una ripetizione di critiche già mosse contro noi stessi. Pertanto possiamo esprimere la verità come la vediamo e sentiamo e se i nostri amici vegetariani dovessero respingere le nostre idee, speriamo che non rifiutino noi per il nostro consiglio. 

PER QUANTO CI CONCERNE 

Per quanto siamo a conoscenza, ogni membro del nostro gruppo ha scartato l'uso di prodotti lattiero-caseari per motivi etici. Conosciamo le teorie nutrizionali ortodosse ed esercitando la nostra convinzione morale troveremo come confutarle. Lo faremo senza paura perché sentiamo che una filosofia morale combinata con un po' di buonsenso è una guida più razionale delle teorie uscite dai laboratori di vivisezione. Noi non accettiamo che un'adeguata nutrizione debba necessariamente violare la coscienza. 

Ci chiediamo se i dietologi che tessono le lodi delle proteine animali abbiano mai provato a vivere seguendo una dieta priva di tali proteine, e se non l'hanno fatto, non riusciamo a comprendere come possano sostenere le loro sentenze. Sappiamo che secondo la sua anatomia l’uomo è indubbiamente frugivoro. Sappiamo che bere il latte da parte degli adulti è un assurdità che la Natura non ha mai preso in considerazione.. Sappiamo che possiamo stare altrettanto bene con o senza latticini. Sappiamo che almeno il 40% delle vacche soffrono di tubercolosi. Sappiamo che la pastorizzazione del latte consente ai commercianti di vendere latte “fresco” anche dopo diversi giorni. Sappiamo ciò che accade a coloro che si nutrono delle 'nutrienti proteine di prima classe' consigliate dai dietologi ortodossi: quasi tutti muoiono di malattia. Il cielo ci aiuti se la nostra dieta ci provocasse qualcosa di simile! 

Oltre a dire che stiamo 'Molto bene, grazie', consideriamo che sia giunto il tempo, magari un po’ prematuramente, di lodare la superiorità fisiologica della nostra dieta. Con umiltà, il vostro Segretario è in grado di affermare che egli può ormai percorrere in bici 230 miglia in un giorno, a differenza di anni fa, quando lui stesso si alimentava con il latte e le uova ed era pronto per andare a dormire dopo metà di quella distanza. Può anche lavorare per dieci ore al giorno senza sentire nessuna differenza al mattino dopo, ma dobbiamo essere cauti nel fare queste affermazioni altrimenti il resto del mondo che ci sente dire ciò si aspetta di trovare dei giganti di due metri robusti e muscolosi che sono immuni a tutti i mali della carne. Possiamo essere sicuri che anche solo un brufolo che vada a intaccare la bellezza della nostra forma fisica, sarà per gli occhi del mondo la prova che la colpa è nostra in quanto non mangiamo “vero cibo”. Rispetto ad un brufolo la piaga delle grandi malattie che ora devasta quasi tutti i membri della società civilizzata (che vivono di “vero cibo”) passa inosservata. Dobbiamo essere preparati per fare di fronte alle critiche! Nei nostri momenti di riflessione non possiamo pensare che nella vita esistono rischi molto più grandi che vivere di insalate, frutta fresca, frutta a guscio e cereali integrali. Non possiamo certo sperare di essere classificati come giganti morali perché abbiamo scelto di vivere con una dieta così chiaramente positiva per la propria salute. 

Supponendo che alcuni membri del gruppo vogliano corrispondere tra di loro, proponiamo di pubblicare nel nostro prossimo numero I loro nomi e indirizzi. Ogni membro che preferisce non essere incluso nell’elenco, deve farmelo sapere.

Abbiamo sentito che un opuscolo dove ci si opponeva all’uso del latte è stato scritto 40 anni fa da uno specialista di Harley Street. Per caso qualcuno è a conoscenza di particolari su questa pubblicazione? 

PER QUANTO CONCERNE CHI NON E’ ANCORA CON NOI

Siamo d'accordo che eliminare tutti i latticini potrebbe creare difficoltà personali che variano da un individuo all'altro. Ci rendiamo conto anche che i giorni nostri non sono i tempi più semplici per attuare un cambiamento, ma riteniamo che nel gettare le fondamenta del nostro Movimento adesso, molti si uniranno a noi come esempio di un “obbiettivo di pace”. Sappiamo che esiste un po’ di confusione nelle menti dei vegetariani, in genere riguardante l'uso di caglio per il formaggio, e questa sembra essere la più lampante incoerenza nella dieta latto-vegetariana, suggeriamo quindi di fare come noi ed eliminare il formaggio. Il nostro amico e collega Dugald Semple ci dice che non ha mai assaggiato il formaggio, e che quindi non può essere considerato come un elemento essenziale per il corpo e l'anima! I prossimi passaggi dell’editoriale di questo numero di “the vegetarian news” non consentono altri argomenti: " La maggior parte dei vegetariani è senz'altro consapevole che l'uso di caglio per la produzione di formaggio è sempre stato un problema per chiunque abbia dei principi morali umanitari, dal momento che occorre l’uccisione del vitello per ottenere il caglio. In assenza di una valida alternativa vegetale per il caglio molti vegetariani si astengono del tutto dal cibarsi di formaggio, fatta eccezione per qualche varietà casalinga da dove probabilmente la maggior parte dei vegetariani trae la propria razione di formaggio quotidiana e cerca di non pensare all’incidenza del caglio nella sua preparazione. Ma i moralisti devono dissipare le proprie energie cercando di non pensare a queste cose? 

Durante la guerra tutte le uova sono sparite, e l’uomo ha potuto facilmente rinunciare ad esse senza problema e senza nessun senso di perdita, se uno si sofferma a pensare che alla fine sono feti abortiti! 

Eliminare il latte presuppone indubbiamente una maggiore difficoltà. Il latte di mandorle è un buon sostituto, benché non vada molto bene per il tè,(cosicché elimina il tè ed aggiungi altri dieci anni alla tua vita!)

Quelli di noi che hanno vissuto lunghi periodi senza latticini possono affermare che siamo sani e forti; che godiamo del nostro cibo come mai e che una volta che la nuova dieta è stata organizzata, rapidamente la visione e l'odore del latte spariscono dalla nostra mente.
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"L'incidenza di malattie di un tipo ed un altro continua essendo un fattore limitante nella produzione di latte, oltre a supporre perdite per il fattore. La tubercolosi è una delle maggiori fonti di problemi, e come affermava recentemente un assistente al Farmer Club: non abbiamo ottenuto nessun progresso al riguardo durante gli ultimi 40 anni"


 Tratto da The Vegan News 1944 
Tradotto da Paola Jorioz